21 Luglio 2016
Crolla il prezzo del grano

Sono duecento le aziende agricole del nord Sardegna che rischiano la chiusura a causa del crollo del prezzo del grano. Un patrimonio imprenditoriale pluriennale, diffuso sia nella provincia di Sassari sia nel territorio gallurese, capace di produrre circa 200mila quintali di grano ogni anno e di salvaguardare 2mila ettari di territorio.
È questo il dato che emerge dal dossier preparato dalla Coldiretti “La guerra del grano” che oltre a denunciare la crescita delle importazioni di grano duro e tenero in Italia (+14%) segnala un livello dei prezzi divenuti insostenibili e al di sotto dei costi di produzione: 16 centesimi per il grano tenero e 18 centesimi per il grano duro.
A pagare il prezzo più salato di questa speculazione finanziaria sono le realtà imprenditoriali del sud Italia che da sempre guidano la classifica della produttività nazionale. E tra le regioni maggiormente colpite c’è anche la Sardegna che dedica alla coltivazione del grano oltre 40mila ettari di territorio.
«Da troppi anni viviamo una situazione paradossale. Nonostante la quantità e la qualità del grano prodotto nelle nostre regioni – afferma il direttore della Coldiretti Sassari e Gallura, Ermanno Mazzetti – oltre il 50% del pane e della pasta sono realizzati con farine di grano coltivato all’estero, principalmente in Canada, negli Stati Uniti e nei paesi dell’Europa dell’est. Il crollo del prezzo del grano dipende principalmente dalle quotazioni dei prodotti agricoli sul mercato internazionale e sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta. Le speculazioni finanziarie stanno mettendo in pericolo non solo la produzione di grano e la vita delle aziende agricole che lo coltivano ma anche un enorme fetta di territorio a rischio desertificazione. Solo nel nord Sardegna – conclude Ermanno Mazzetti – sono circa duecento le aziende agricole che rischiano di vedere compromesso il proprio futuro».
Per contrastare questo fenomeno la Coldiretti chiede al Governo delle risposte immediate a tutela dei propri associati. Durante la protesta di ieri, animata anche da un centinaio di cerealicoltori sardi e andata in scena a Roma davanti al Ministero delle Politiche Agricole, sono emersi cinque punti che potrebbero rimettere in moto il comparto e sui quali la Coldiretti non vuole arretrare. L’etichettatura obbligatoria della pasta, del pane e dei prodotti da forno con l’indicazione dell’origine del grano utilizzato e della data di raccolta; il divieto di utilizzare grano extra comunitario oltre i 18 mesi dalla data di raccolta; il blocco delle importazioni a dazio zero; una moratoria bancaria per le imprese cerealicole; l’attivazione immediata della Commissione Unica Nazionale Cerealicola.